Ilaria Giannecchini
L’art.1 della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza esordisce con una importante incipit: “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.”
Si attribuisce dunque allo Stato il dovere di tutelare la vita umana dal suo inizio, dovere che affianca però a quello di garantire, sottointeso alla madre, il diritto alla procreazione cosciente e responsabile.
Due principi che come è intuibile sono solo apparentemente conciliabili, ed anzi, come vedremo, il secondo “dovere” si pone come filtro per l’esercizio del diritto di autodeterminarsi della gestante in ordine alla sua salute e alla sua vita.